I monumenti
Ultima modifica 24 gennaio 2024
Torre campanaria
La torre civica campanaria di Portogruaro, un tempo Torre Maggiore, collocata nella piazzetta a lato del duomo di Sant'Andrea, risale nella parte più antica al secolo XIV e ricalca lo schema delle torri romaniche.
Le sue origini, probabilmente, sono collegabili a quelle della vecchia chiesa parrocchiale di Sant'Andrea abbattuta intorno al 1830 per fare posto all'attuale duomo.
La struttura attuale è l'esito di numerosi interventi di innalzamento che si sono succeduti nel corso dei secoli passati.
Nel 1875 la torre campanaria aveva una cuspide in legno foderata in piombo. Lo stato di corrosione del legno e i danni causati da un fulmine, determinarono la sua demolizione il 19 marzo 1876.
Il restauro che ne seguì comportò la ricostruzione in muratura della cuspide che in quell'occasione venne anche sopraelevata, portando l'altezza del campanile da m. 47,50 a m. 59,00. Il solenne collaudo avvenne il 14 novembre 1879 al suono festoso delle campane.
Lo stato di degrado e la progressiva inclinazione della torre determinarono nel 1963 la necessità di procedere alla realizzazione di un intervento di consolidamento, consistente nell'installazione di tiranti in acciaio lungo la canna e nella cella campanaria, realizzazione di cordoli in c.a. in corrispondenza della base della cella, iniezioni cementizie nelle murature, realizzazione di una soletta in c.a. sopra le volte dell'orologio e della cella campanaria, sostituzione dell'incastellatura campanaria e cerchiatura dei capitelli nelle arcate della cella.
Dopo varie indagini e ricognizioni effettuate a partire dagli inizi del 2001, nel 2005 è stato effettuato un primo intervento di consolidamento corticale, fino ad un'altezza di circa 6 metri, del paramento murario della parte bassa della canna della Torre Civica Campanaria.
Sono state eseguite in particolare delle iniezioni armate in acciaio inox AISI 316 del diametro di 8 mm, maggiormente diffuse nelle parti più ammalorate, anche con tensione nelle barre metalliche tramite l'apposizione di elementi di riscontro nel paramento interno, compatibilmente con le ragioni estetiche ed architettoniche dell'immobile. Viste poi le variegate caratteristiche compositive dei setti murari, si è proceduto ad un ulteriore consolidamento con iniezioni di miscele idonee tipo Limepor100 e, nella parte inferiore del paramento, di miscela tipo “Microlime gel” atta a contenere la dispersione della miscela consolidante.
Pozzetto del Pilacorte o delle Gru
A fianco del Municipio, su un basamento ottagonale, si trova il pozzetto delle gru, uno dei simboli di Portogruaro, assieme al Municipio.
La vera da pozzo è opera di Giovanni Antonio Pilacorte, lapicida lombardo che la eseguì per la città nel 1494.
Sul pozzo ci sono gli stemmi della città e probabilmente quelli di due podestà di fine Quattrocento, Paolo Contarini e Jacopo Gabriel.
Le due gru che sovrastano attualmente il pozzetto e ivi collocate nel1928, sono opera dello scultore portogruarese Valentino Turchetto.
Le precedenti gru, forse opera dello stesso Pilacorte, erano state asportate durante l’invasione austriaca del 1917 per farne cannoni.
Monumento ai caduti
Passeggiando sul “liston” si arriva in Piazza della Repubblica, anticamente Piazza Maggiore e poi Umberto I. in mezzo alla Piazza sorge il Monumento ai Caduti.
Nel 1922 si costituì a Portogruaro un Comitato Pro Monumento, che il 28 ottobre dello stesso anno bandì un concorso, chiusosi con esito negativo. Banditone uno successivo, questo si chiuse il 15 dicembre 1923 con ventidue bozzetti presentati. Fu prescelto quello dello scultore marchigiano Gaetano Orsolini.
Lo zoccolo del monumento è in granito di Biella, mentre il resto è in marmo botticino di Brescia. L’altezza complessiva è di 720 cm, mentre alla base la lunghezza è di 470 cm; e la larghezza di 370 cm; il peso è di 170 quintali.
Il monumento venne eseguito in pietra da Navari Norville.
La commissione giudicatrice, composta da Gino Fogolari, direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, da Cesare Laurenti e da Nino Barbantini, direttore della Galleria di Ca’ Pesaro, scegliendo il bozzetto vincitore adottò una variante, peraltro proposta dal concorrente, sostituendo la figura del cavallo a quella di un leone alato.
La Commissione elogiò l’opera vincitrice, in cui la forma interpreta con vivace spirito moderno la veneta tradizione regionale dei simulacri scaligeri, ed è commossa, armoniosa e solenne, ed affermò di aver prescelto il bozzetto di Orsoline perché più maestoso e solenne, più italiano, più adatto a celebrare le gesta italiane e a decorare una città adorna di una fisionomia così veneta.
Sui due fianchi del monumento sono incisi i nomi dei 276 portogruaresi caduti nella prima guerra mondiale.
Il monumento rappresenta l’eroe che ritorna vincitore alla sua terra dopo la guerra, e simbolicamente rappresenta la fierezza della gloria eroica. Lo “stile romano” che fu imposto dal Comitato, e che tanto favorevolmente impressionò la Commissione giudicatrice, costituisce senza ombra di dubbio uno stridente contrasto con il gotico edificio del Municipio che gli sta alle spalle.
Il monumento fu inaugurato il 30 settembre 1928 nel corso di una solenne cerimonia cui presero parte tutte le massime autorità dell’epoca. Intervenne alla cerimonia anche il principe ereditario Umberto di Savoia che giunse a Portogruaro in treno accolto da una folla di persone giunta anche da tutti i Comuni limitrofi.
Dalla stazione al Palazzo Municipale un lunghissimo corteo accompagnò il principe che trovò ad accoglierlo una piazza gremita di gente inneggiante ai Savoia.
Durante tutta la cerimonia diverse e continue furono le dimostrazioni di affetto ed entusiasmo promosse dai cittadini nei confronti del principe.
L’ubicazione del monumento fu molto discussa fin dal principio tanto che in un primo tempo il Consiglio Comunale non concesse l’autorizzazione alla sua collocazione in piazza, autorizzazione che fu invece concessa più tardi dall’allora Commissario Prefettizio Ettore Duse.
Sulla collocazione del monumento si è riaperto il dibattito anche recentemente dopo lo svolgimento di un concorso di idee per l’arredo urbano del Centro Storico, il cui progetto risultato vincitore prevedeva, tra l’altro, lo spostamento del monumento in altro loco.
Più tardi anche una informale iniziativa di consultazione cittadina sottoforma di sondaggio ha fornito in tal senso diverse opinioni sull’argomento e dei quattro posti alternativi proposti per la nuova ubicazione del monumento: Piazzetta Duomo, Giardini dell’Abbazia; Giardini di Viale Matteotti, e area antistante la Palestre “Mecchia”, quest’ultimo è stato il luogo più votato.
Via Roma tra passato e presente
Il visitatore che giunge a Portogruaro viene condotto quasi spontaneamente a quello che è il nucleo più antico della città.
La porta d’accesso a questo luogo è costituita da via Roma.
È questa una breve strada, che ancora nei primi decenni del Novecento si chiamava “via dei Molini”, una strada che fin dall’inizio della storia urbana della nostra città univa le due rive del Lemene, una strada che portava dritto all’ingresso della chiesa di S. Andrea che, come noto, era orientata esattamente in maniera opposta all’attuale duomo, consacrato nel 1833.
Su lato destro l’edificio in stile Liberty sede dell'ex Cassa di Risparmio di Venezia, costruito subito dopo il 1910, demolendo alcuni fabbricati preesistenti.
Sull’area del giardino retrostante alla banca sorgeva un palazzo cinquecentesco, demolito nel 1920 da Giancarlo Stucky per dare più luce al suo palazzo, ora Villa Comunale.
Su lato sinistro, all’angolo con via Garibaldi, l’albergo ristorante &ldquo Spessotto”.
Il bombardamento italiano del 19 novembre 1917, che aveva come obiettivo il Palazzo Stucky, ritenuto sede del comando austriaco, colpì invece duramente via Garibaldi.
Anche il fabbricato all’angolo con via dei Molini fu colpito. La ricostruzione dell’edificio in forme decisamente più moderne fu opera di Giosuè Spessotto.
A metà strada il ponte e, in mezzo al fiume, i due molini.
Sul fondo a sinistra ciò che resta dell’antico Oratorio del SS. Corpo di Cristo o dello Spirito Santo, completato nel 1407; nella parete meridionale è incastonata una croce lapidea altomedievale.
Perfettamente allineata con l’asse di via Roma, a chiuderne la prospettiva, l’abside del Duomo.
Da una nicchia esterna dell’Abside, una Madonnina gotica domina il pittoresco luogo.
In questa strada ricca di storia e di memoria l’Amministrazione Comunale è intervenuta alla fine degli anni Novanta con importanti opere di restauro e di arredo urbano, che hanno interessato anche il ponte.
Ponte Sant'Andrea
Nel sec. XIII la città era circondata da mura e protetta da fossati.
La possibilità di accedere da una riva all’altra del Lemene era consentita all’inizio da ponti levatoi, e poi da ponti fissi di legno.
Il più importante fra questi, se non altro per la sua posizione strategica al centro della città, è il ponte dei Molini, detto anticamente di S. Andrea, la cui costruzione risale al 1353.
Questo ponte durò duecento anni. Nel frattempo la città si era ingrandita, i suoi commerci prosperavano, si costruivano palazzi meravigliosi.
Era giunto il momento di conferire un maggior decoro anche al principale punto di passaggio tra le due rive. E così, nel 1554, il grandioso ponte di S. Andrea presso i Molini fu eretto in pietra viva, sopra due archi sul fiume Lemene, come testimoniato dall’elegante iscrizione posta sul pilone frangiflutti dal podestà Giulio Valier.
Il ponte corse un serio pericolo nel 1918. Dagli Annali cittadini risulta infatti che tra la fine di ottobre e i primissimi giorni di novembre del 1918, dagli Austriaci, nell’uscita, si fecero saltare il ponte del Rastrello, il ponte dell’Abbazia, il ponte della Stretta e quello del Palù.
Il ponte dei Molini fu minato dagli Austriaci, ma non fatto saltare.
La salvaguardia del ponte fu merito dell’allora giovane tenente dell’imperial regio esercito austro-ungarico Julius Raab, che successivamente ricoprì la carica di Cancelliere della Repubblica Austriaca.
Nel tratto che va dal Ponte di S. Andrea al Museo Concordiese è stato realizzato un percorso pedonale lungo il bordo destro del fiume Lemene, da cui i turisti possono godere da una prospettiva insolita ed affascinante uno dei luoghi più caratteristici della città.
Giardini dell'abbazia
Un luogo particolarmente caro al Nievo (1831-1861), che soggiornò più volte a Portogruaro tra il 1852 ed il 1857, era via Abbazia.
Il giardino dell’abbazia, che nel 1931 venne prescelto per realizzare il primo giardino pubblico della città, agli inizi dell’Ottocento risulta essere ancora un orto privato di proprietà di Felice Martinuzzi qm. Antonio.
Verso la metà del secolo l’orto passò al Comune, che fatta rimuovere la recinzione, lo trasformò in un ampio spazio libero.
Nel 1931 il podestà Camillo Valle fece eseguire i lavori, l’area venne suddivisa in quattro aiuole di forma e ampiezza uguali, separate da due vialetti tracciati in croce, nel fu costruita una vasca ottagonale con al centro una scultura bronzea raffigurante un giovinetto dalla cui bocca escono alcuni zampilli, pregevole opera dello scultore portogruarese Valentino Turchetto (1906 -1965), il quale per realizzarla prese a modello Guerrino Corte, soprannominato “Pirri”.
Sopra un cippo è installato il busto di bronzo di Ippolito Nievo, alla cui memoria il giardino è stato intitolato opera dello scultore Turchetto.
Il busto fu eretto ed inaugurato il 16 ottobre 1961, nella celebrazione del centenario della morte del Nievo.