Le Frazioni di Portogruaro
Ultima modifica 24 gennaio 2024
Giussago
"Crediamo di poter dire con ragionevole fondamento che le più antiche chiese e prime costituite nella diocesi nostra sono da ritenersi Fossalta, Giussago, Lugugnana …". Così si esprimeva ne "La diocesi di Concordia" lo storico portogruarese Ernesto Degani, collocando quindi la nascita della pieve di Giussago tra il IV e l’VIII secolo.
Scavi effettuati nel 1989 hanno documentato la presenza di un vasto complesso cimiteriale e di alcune strutture edilizie dell’antica chiesa di S. Martino, con reperti (mattoni, frammenti di tegole) di epoca romana, il che conforta l’ipotesi del Degani. La villa di Giussago è ricordata in un documento del 1042, ed è annoverata tra le pievi nella bolla di protezione concessa dal papa Urbano III al vescovo Gionata nel 1186.
Nei secoli successivi il nome di Giussago ritorna molte volte nei documenti dell’archivio vescovile, soprattutto in relazione a donazioni o investiture di beni immobili.
Della primitiva chiesa di S. Martino si sa ben poco. Nel 1532 il vicario generale della Diocesi di Concordia stabiliva che gli abitanti di Giussago non dovessero collaborare alla costruzione della nuova chiesa da dedicarsi a S. Stefano (l’attuale parrocchiale), bensì dedicarsi al restauro di quella di S. Martino.
Alla fine del sec. XVII Giussago contava 142 abitanti, mentre oggi ne conta 1195 abitanti.
L’agricoltura costituisce oggi la principale risorsa della località.
A Giussago è attiva dal 1992 la Biblioteca Comunitaria, riconosciuta di "interesse locale" dalla Regione Veneto, che offre un prezioso servizio alla popolazione.
Nella località è funzionante una scuola elementare a tempo pieno, e molto attivo è l’associazionismo sportivo.
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Lison
L’imperatore Ottone III nell’anno 996 confermò al vescovo di Concordia Bennone i diritti della sede vescovile su un vasto territorio compreso fra i fiumi Tagliamento e Livenza.
Fra i vari rivi e fiumi che scorrevano in quella terra ricoperta di boschi sono nominati anche i corsi d’acqua del nostro territorio: Lemene, Loncon, Reghena, Taù, Acqua nera, Lison. Nasce il Lison poco sopra Cinto Caomaggiore, attraversa Pradipozzo e Lison e si getta nel Loncon.
Nulla sappiamo del periodo antecedente, anche se pare confermata la presenza romana: uno dei più celebri bronzetti del Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro, la Diana Cacciatrice, fu rinvenuto infatti a Lison, in località Bosco Acquanera, durante i lavori di bonifica nel 1926.
Durante il periodo patriarcale e anche in quello veneziano Lison dipendeva civilmente dal castello di Meduna, mentre religiosamente era soggetta all’abbazia di Summaga.
Nel 1563 il cardinale Ranuccio Farnese, abate commendatario, decise lo smembramento della chiesa di Lison dalla matrice, riservando il diritto di elezione del parroco alla famiglia veneziana del ricco mercante di stoffe Gaspare Giovanni Dolzoni. Fu proprio questi, che a Lison possedeva vaste proprietà, che l’anno seguente fece costruire la chiesa parrocchiale, consacrata il 24 giugno 1565.
All’interno due dipinti di scuola bassanesca - una Crocifissione e S. Giovanni Battista con S. Girolamo - e un affresco raffigurante il Battesimo di Cristo della bottega dell’Amalteo.
Sia i dipinti sia l’affresco sono incorniciati da tre arcate marmoree finemente lavorate, con iscrizioni in greco, risalenti al V - VI secolo e provenienti dall’area di Costantinopoli, quasi certamente portate a Lison dalla stessa famiglia veneziana dei Dolzoni.
A Lison, ancora nel secolo XV, secondo la testimonianza del patrizio veneziano Marco Cornaro, esistevano "molti boschi". Di queste vaste estensioni oggi sono rimasti soltanto circa sei ettari, il bosco del merlo, non comune esempio di bosco planiziale, all’interno del quale è stato predisposto un sentiero ginnico-naturalistico.
Ma il nome di Lison è oggi noto anche in Europa e altri Paesi grazie soprattutto al vino. Numerose e qualificate aziende agricole, grazie alla speciale composizione del terreno e alla successiva sapiente lavorazione, producono infatti vini di gran pregio, sia bianchi sia rossi, ai quali fin dal 1985 è stata riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) col nome di "Lison-Pramaggiore".
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Lugugnana
Il celebre architetto romano Vitruvio, al tempo di Augusto, scriveva che le città di Altino, Ravenna, Aquileia, e gli altri municipi che si trovavano in quei luoghi, erano circondati da paludi. Anche il territorio a sud di Concordia era interessato da questi fenomeni, e perciò inabitato, a differenza del territorio settentrionale, oggetto di una ordinata centuriazione. Ma la grande bonifica idraulica della prima metà del I sec. d.C. coinvolse anche la zona a sud di Concordia, dove si costituirono vasti possedimenti agrari.
Una testimonianza di grande rilevanza è data in questo senso dal ritrovamento, nel 1983-84, della grande villa rustica di Marina di Lugugnana, ovvero delle sottofondazioni delle parti murarie. Accertata quindi la presenza di insediamenti umani organizzati nella zona di Lugugnana fin dall’inizio dell’era volgare, acquista maggior credito l’ipotesi del Degani che riteneva "che le più antiche chiese e prime costituite nella diocesi nostra sono da ritenersi Fossalta, Giussago, Lugugnana", facendole risalire al IV - V secolo. Con la progressiva decadenza dell’impero romano vennero meno anche i lavori di manutenzione idraulica, e tutto il territorio fu nuovamente invaso dalle paludi.
Sempre il Degani scrive che il villaggio di Lugugnana è ricordato nel 1164, e la pieve è ricordata nella bolla papale di Urbano III nel 1186.
La presenza delle paludi costituì per tutto il territorio compreso fra Portogruaro ed il mare un grave ostacolo all’insediamento umano, per le difficili condizioni ambientali. Fu la Repubblica di Venezia a comprendere, fin dal sec. XVI, la necessità di risanare queste estese campagne, per destinarle alla produzione agricola, istituendo una apposita magistratura, i Provveditori sopra beni incolti. Al 1620 risale la costituzione di uno dei più antichi consorzi in materia, il Consorzio di scolo "Canale Lugugnana", sorto con lo scopo di regolare il deflusso dell’omonimo corso d’acqua che, con le sue esondazioni, allagava il paese di Lugugnana e vasti territori adiacenti.
Per un certo periodo, e precisamente dal 1816 al 1853, Lugugnana fu comune autonomo, distinto da Portogruaro.
La nuova chiesa fu iniziata nel 1964, ed aperta al culto nel dicembre 1966, mentre la chiesa vecchia è già attestata nel 1585 in occasione della visita del vescovo Nores.
Oggi Lugugnana costituisce una delle popolose località del Comune e conta 1816 abitanti; vi ha sede una Delegazione comunale e sono presenti le scuole materna, elementare e media, oltre a numerosi altri servizi. Una particolarità è costituita dal dialetto che si parla a Lugugnana, che presenta le tipiche caratteristiche del friulano.
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Mazzolada
La località di Mazzolada sorge a sud del capoluogo a confine con il Comune di Concordia Sagittaria in una splendida cornice di vigneti e campi coltivati e la coltivazione della vite, su questo territorio fra le montagne ed il mare Adriatico, esisteva già dal 300 a.c. con il dominio di Roma sul Mediterraneo. A prova di ciò, esistono documenti romani risalenti al 131 a.c., dove s’illustra la coltivazione della vite nella zona Julia Concordia (ora Concordia Sagittaria) con una produzione di vini di alto pregio.
Mazzolada, che nel suo piccolo è una straordinaria testimonianza di vivacità ed organizzazione, è inserita nel percorso delle “Strade dei vini doc”; sono presenti infatti nel suo territorio diverse importati Aziende vitivinicole.
Le ridotte dimensioni di questo insediamento abitativo (88 nuclei familiari per un totale di 206 abitanti) ha favorito il mantenimento di quel senso di comunità e di appartenenza spesso dimenticato.
Un attivissimo Comitato cittadino denominato “Comitato per Mazzolada” sorto nel 1990 con scopi principalmente socio-culturali e sportivi ed un’altrettanto attiva Associazione “Unione Sportiva Mazzolada” attiva fin dal 1983 e dotata di un notevole impianto sportivo, con il lavoro volontaristico di molte persone, offrono possibilità di ritrovo e di svolgimento di attività collettive a tutti i Cittadini.
Ai Cittadini di Mazzolada, tramite il suo Comitato, è stata data in gestione dal Comune a scopi sociali e ricreativi, la sede della ex scuola elementare che è pertanto punto di ritrovo pubblico.
“ Nei pressi di un’ antica fontana situata all’interno del perimetro delle ex scuole, in una fascia di terreno rimasta libera, grazie al contributo del Comune di Portogruaro e ad una raccolta fondi tramite offerte dei residenti, è stata costruita una piazzola con annesso un giardino adornato di piante e fiori; all’interno vi sono stati posati un ulivo centenario dedicato a Madre Teresa di Calcutta, una stalattite millenaria proveniente dal Carso e una statua raffigurante la Madonna che assieme formano un meraviglioso capitello chiamato -Madonna della Fonte- "
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Portovecchio
Gli studiosi ritengono giustamente che le ville medievali della nostra zona non nascano così, come funghi in una notte, nel momento in cui ne troviamo traccia per la prima volta nei documenti, ma siano frutto di una lenta evoluzione i cui germi vanno posti nell’epoca romana, quando tutto il nostro territorio era contrassegnato dalla centuriazione dell’agro concordiese. Lungo uno delle direttrici della centuriazione romana, e precisamente sull’asse Concordia-Morsano-Codroipo, sorse probabilmente il villaggio di Portovecchio, anche se il primo documento scritto che ne riporta il nome risale al 1186. Si tratta della bolla di Urbano III con cui il pontefice accoglie sotto la sua protezione il vescovo di Concordia Gionata con tutti i suoi possessi e chiese, tra cui sono ricordate la villam et plebem de Portuveteri. In quell’anno quindi Portovecchio ha già una sua configurazione civile ed ecclesiastica ben strutturate. Nei secoli XIV e XV il nome di Portovecchio ritorna più volte nei documenti; nel 1299 viene ricordato anche il molino di Nugarolo, posto sul Lemene fra Portovecchio e Cintello.
Dopo un periodo in cui era stata unita alla pieve di Teglio Veneto, nel 1583 la parrocchia di Portovecchio ritornò autonoma. E a quel secolo risale il bel ciclo di affreschi, di scuola probabilmente amalteiana, che decora la semplice chiesa parrocchiale.
Uno dei luoghi più suggestivi di Portovecchio è la villa Bombarda, ora Furlanis. Tipico esempio di villa di campagna veneta, su due piani sormontati da un ampio timpano, la costruzione è già documentata nel 1661 come proprietà dei nobili veneti Giulio Giustinian e fratelli. Accanto alla villa sorge un piccolo oratorio pubblico, dedicato alla B.V. Addolorata.
La villa è situata lungo le rive del Lemene, all’interno di un vasto parco. Probabilmente ispirato da questi luoghi, nel 1855 il poeta portogruarese Fausto Bonò compose nel 1855 la poesia I molini di Portovecchio, di cui si riporta l’ incipit quasi idilliaco:
Dopo che con la rapida corrente / girò le moli industri e faticose / che il gran del campo frangono alla gente, / par che il Lèmene stanco si ripose / entro più largo letto e più fiorente / ove tra i folti pioppi arcanamente / gorgheggia l’usignuol note amorose.
La popolazione di Portovecchio è di 756 abitanti.
Una delle principali attrattive di Portovecchio sono i tradizionali festeggiamenti agostani che, per la perfetta organizzazione ed il felice connubio tra eno-gastronomia ed eventi musicali, richiamano migliaia di persone ogni anno.
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Pradipozzo
L’antica via Postumia, fatta costruire dal console Spurio Postumio Albino nel 148 A. C., e che congiungeva Genova con Aquileia, passava nei pressi del luogo ove oggi sorge Pradipozzo. Ed un pozzo di origine romana è stato riportato alla luce non molti anni fa nei pressi del capitello al centro del paese.
Durante il medio evo Pradipozzo era una curazia che dipendeva ecclesiasticamente dall’abbazia di Summaga, dalla quale fu smembrata ed eretta in parrocchia il 29 agosto 1524. La chiesa parrocchiale risale probabilmente al secolo precedente. L’aspetto più interessante è dato dalla semplice facciata col tetto a capanna, impreziosita da affreschi quasi certamente di mano di Pomponio Amalteo, per le strette analogie con le caratteristiche esecutive ed iconografiche del pittore. Gli affreschi, restaurati più volte e da ultimo nel 1990, rappresentano in due grandi riquadri ai lati del portone, S. Cristoforo col Bambino sulla destra, e S. Francesco di Paola sulla sinistra. Quest’ultimo santo, vestito con l’abito benedettino, ricorda i legami di Pradipozzo con l’abbazia benedettina di Summaga. Sotto il rosone centrale è rimasta solo parzialmente la figura di S. Martino, il santo cui è dedicata la chiesa. A sinistra del rosone l’Angelo annunciante, mentre la Vergine sulla destra è scomparsa. Sopra il rosone una Crocifissione.
Il campanile che sorge accanto alla chiesa, alto 33 metri, fu costruito nel 1924, e dedicato ai caduti della prima guerra mondiale.
All’inizio del XX secolo Pradipozzo era così dipinto da un testimone oculare: Nella vasta pianura case disperse, arieggiate perché prive di lastre! Strade paludose, molti casoni coperti di paglia. Nel centro del paese (che non aveva forma di paese) due aule scolastiche. Aule scolastiche in affitto, con due insegnanti per tre classi elementari, con orario più che dimezzato in confronto di quello di altri paesi; non ufficio postale, la via provinciale illuminata da tre fanali, acqua da pozzi, cimitero interparrocchiale con Lison chiuso da muro di tavole. Pradipozzo aveva sempre la porta aperta per l’emigrazione e immigrazione, e così si aveva la ricchezza mobile e la miseria stabile.
Oggi la realtà è ben diversa, la comunità è formata da n. 971 abitanti, con un benessere diffuso grazie soprattutto a piccole imprese artigiane (edilizia) e ad un’agricoltura specializzata, in particolar modo viticoltura: sono molte, infatti, le aziende vinicole con produzione di gran pregio. Sono presenti nella località la scuola materna e quella elementare, e da alcuni anni l’associazionismo culturale è molto attivo: basti ricordare il piccolo ma interessantissimo museo dedicato ai minatori (in molti negli anni passati emigrarono da Pradipozzo per dedicarsi a questo massacrante lavoro), e le iniziative legate al nome del grande scrittore Giovannino Guareschi.
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Summaga
Il bene più prezioso e significativo del territorio comunale, testimonianza di storia, di fede e di arte, è l’Abbazia di Summaga. La sua origine va fatta risalire ai secoli X-XI, nel generale clima della rinascita ottoniana, per opera dei vescovi di Concordia. Il monastero di Summaga godette sempre dell’appoggio e dei favori dei vescovi concordiesi, che concessero diritti e privilegi. L’abbazia fu retta da un abate titolare e residenziale fino al 1431, quando fu data in commenda al cardinale portogruarese Antonio Panciera. L’ultimo commendatario fu il cardinale Carlo Rezzonico, morto nel 1799.
Del monastero non è rimasta traccia al di fuori della chiesa che, nel suo assetto attuale, risale al 1211 allorché l’abate Richerio provvide a restaurarla ed ampliarla. Una notevole sistemazione dell’edificio fu attuata nel 1740 dal cardinale Rezzonico, zio del precedente.
A seguito dei restauri condotti in varie fasi lungo tutto il XX secolo l’abbazia di Summaga ha ora riacquistato l’originario aspetto duecentesco. Le forme architettoniche risentono dei modi costruttivi romanico-bizantineggianti, cui però non è estraneo il nuovo linguaggio gotico che cominciava ad affermarsi.
L’abbazia racchiude un pregevole ciclo di affreschi, indicativi di due momenti artistici nell’ambito della pittura romanica in Friuli. I più antichi, assegnabili ai secoli XI - XII, sono gli affreschi del sacello, probabile oratorio di campagna risalente all’alto medioevo e inglobato nella chiesa nel sec. XII. La decorazione dell’abside centrale appartiene invece al secondo momento della pittura friulana, essendo assegnabile al 1211 e anni successivi, in concomitanza con i restauri voluti dall’abate Richerio. L’abside è divisa in tre parti, secondo uno schema decorativo consueto. Nel semicatino la Vergine col Bambino entro mandorla sostenuta da quattro angeli; ai lati le raffigurazioni simboliche dei quattro Evangelisti e agli estremi le figure di due santi. Nella fascia mediana Cristo e i dodici Apostoli raffigurati frontalmente entro finti intercolunni. Nel registro inferiore, parzialmente perduta, la raffigurazione della parabola evangelica delle vergini sagge e delle vergini stolte.
Oggi Summaga è una comunità fiorente di 1959 abitanti, con numerosi insediamenti produttivi tra cui ricordiamo la Latteria Sociale con i suoi ottimi prodotti (in particolare il formaggio a denominazione d’origine Montasio), unica rimasta di quelle fino a non molto tempo fa attive nel territorio comunale. Sono pure presenti a Summaga la scuola materna, elementare e media.